LA CORTE DEI CONTI 
 
    Ha  pronunciato   la   seguente   ordinanza   nel   giudizio   di
responsabilita' n. 68690 promosso ad istanza  della  Procura  per  la
Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la  Regione  Lazio,
in  persona  del  p.m.  Salvatore  Sfrecola,  contro  Luigi  Biggeri,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Francesca e Federico Sorrentino e
presso di loro domiciliato in Roma  al  Lungotevere  delle  Navi  30,
Giuseppe Perrone ed Olimpio Cianfarani, rappresentati e difesi  dagli
avv.ti Diego Vaiano e Raffaele Izzo, e presso di loro domiciliati  in
Roma al Lungotevere Marzio  3,  Vittoria  Buratta,  Viviana  Egidi  e
Francesco Zanella, rappresentati e difesi dall'avv. Fabio Lorenzoni e
presso di lui domiciliati in Roma alla Via del Viminale 43,  Giuseppe
A. Certoma', Andrea Mancini, Roberto Monducci,  Gian  Paolo  Oneto  e
Valerio Terra Abrami,  rappresentati  e  difesi  dagli  avv.ti  Luisa
Torchia, Tommaso  Di  Nitto  e  Claudio  Cataldi  e  presso  di  loro
domiciliati in Roma  alla  Via  Sannio  65,  Linda  Laura  Sabbadini,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Aristide Police e Filippo Degni e
presso di loro domiciliata in Roma  alla  P.zza  Adriana  6,  e  Aldo
Orasi, nato il 6 febbraio  1954,  n.  c.  con  intervento  volontario
dell'Adusbef e del Sindacato USI/RdB/-Ricerca; 
    Visti gli atti ed i documenti di causa; 
    Vista la sentenza parziale pronunziata alla pubblica udienza  del
12 ottobre 2009; 
    Uditi alla pubblica udienza del 12 ottobre 2009, con l'assistenza
del segretario sig.ra Ernestina  Barbone,  il  p.m.  in  persona  del
V.P.G. Salvatore Sfrecola e gli avv.ti Enrica Isidori  per  l'Ausbef,
l'avv. Torchia per i convenuti Certoma', Mancini, Monducci,  Oneto  e
Terra Abrami, l'avv Vaiano per Perrone e Cianfarani, l'avv.Sorrentino
per Biggeri, l'avv. Police  per  Sabbadini  e  l'avv.  Lorenzoni  per
Buratta, Egidi e Zannella; 
    Ritenuto e considerato in 
 
                              F a t t o 
 
    Con atto di citazione depositato il 5 agosto 2008 previo invito a
dedurre notificato il 19 novembre 2007, la procura di questa Corte, a
seguito di notizia di danno pervenuta per esposto del 7  maggio  2007
dell'USI/RdB-Ricerca Sindacato  nazionale  lavoratori  della  ricerca
dell'Unione sindacale  italiana,  ha  convenuto  in  giudizio  alcuni
amministratori e  dirigenti  dell'Istituto  Nazionale  di  Statistica
(ISTAT) per il danno da loro  causato  per  la  mancata  applicazione
delle sanzioni, di cui all'art. 11 del d.lgs. 6  settembre  1989,  n.
322,  previste  per  la  violazione  dell'obbligo   di   fornire   le
informazioni richieste dall'istituto in sede  di  raccolta  dei  dati
necessari all'elaborazione di indagini statistiche,  obbligo  dettato
dall'art. 7, comma 1 del medesimo decreto  legislativo  e  richiamato
dal successivo comma 3 del medesimo  articolo  nel  testo  previgente
alle modifiche introdotte  dall'art.  3,  comma  74  della  legge  n.
244/2007 - per tutte le amministrazioni, enti ed organismi pubblici e
per i privati per le rilevazioni rientranti nel programma  statistico
nazionale. 
    Nella citazione - dopo ampia ricostruzione del sistema statistico
nazionale e del meccanismo di applicazione delle sanzioni, imperniato
sulla competenza dell'Ufficio di  statistica  all'accertamento  della
violazione e alla redazione del verbale  previa  contestazione  degli
addebiti nei modi e nei termini di cui all'art. 13 e ss. della  legge
24 novembre 1981, n. 689, con comunicazione  all'ISTAT  dell'apertura
del procedimento, e su quella del  Prefetto  (al  quale  il  motivato
rapporto  in  ordine  alla  violazione  deve  essere  trasmesso)  per
l'applicazione della sanzione ai sensi dell'art.  18  della  medesima
legge - e' rilevato che l'ISTAT non ha mai proceduto all'accertamento
di alcuna  sanzione  sin  dalla  entrata  in  vigore  del  d.lgs.  n.
322/1989, che ha attuato una ampia riforma del sistema  sanzionatorio
per la violazione del'obbligo di fornire dati statistici  trasferendo
il potere di  accertamento  all'ISTAT  o  al  competente  ufficio  di
statistica e depenalizzando la  sanzione  pecuniaria,  prevedendo  la
sanzione pecuniaria amministrativa di  cui  al  citato  art.  11  del
medesimo decreto. E' stata quindi contestata per il periodo 2002-2006
(non coperto da prescrizione e per il quale la Procura  disponeva  di
dati definitivi non ritenendo tali quelli relativi all'anno 2007)  la
mancata applicazione di sanzioni pecuniarie  connesse  alle  indagini
statistiche  di  titolarita'  ISTAT  che  comportavano   obbligo   di
risposta,  analizzando  l'anno  di  effettuazione  dell'indagine,  il
campione totale di rilevazione (unita' di rilevazione), il totale dei
rispondenti, i rifiuti di risposta, il numero dei non rispondenti per
cause che vanno dal mancato contatto ai casi di soggetti non in grado
di rispondere,  il  totale  delle  unita'  rilevate  fuori  campo  di
osservazione per errori nelle liste  e  le  unita'  non  risolte  (le
mancate risposte  non  diversamente  classificabili  perche'  non  e'
pervenuto un rifiuto espresso e non rientrano nelle altre categorie).
Il danno che complessivamente e' stato  addebitato  ai  convenuti  e'
quantificato, come dalle tabelle di sintesi  riportate  nell'atto  di
citazione, in  diretta  proporzione  con  tutti  i  casi  di  mancata
risposta, non calcolando le cd. unita' non risolte,  nel  complessivo
importo di euro 191.425.235,00,  ripartito  pro  quota  tra  tutti  i
convenuti  in  ragione  della  diversa  partecipazione  casuale  alla
produzione del danno, calcolata in funzione del diverso ruolo da essi
rivestito  all'interno  dell'ISTAT,  e  precisamente   per   il   50%
dell'importo totale al Presidente, per il 20% ai Direttori  generali,
per il 20% ai  capi  di  dipartimento  e  per  il  10%  ai  direttori
centrali, per i quali tutti la Procura ha chiesto la  condanna  oltre
interessi, rivalutazione e spese di giudizio. 
    La Procura ha rilevato l'elemento dell'illiceita' del danno nella
consapevole violazione, da parte  dei  convenuti,  dell'art.  11  del
citato d.lgs. n. 322/1989, disposizione che, comminando una  sanzione
tipica,  seppure  graduabile  discrezionalmente,  a  fronte  di   una
fattispecie  tipica  e  tassativamente  descritta,  costituita  dalla
mancata   risposta   alla   richiesta   di   dati   statistici,    e'
inderogabilmente   applicabile   alla   fattispecie    normativamente
descritta e non presenta alcun profilo  di  discrezionalita'  se  non
nella determinazione della misura del quantum dovuto. 
    Per  tale  motivo  la  Procura  ha   contestato   al   Presidente
dell'Istituto la responsabilita' erariale per  colpa  grave  per  non
essersi mai dato carico di affrontare il  problema  dell'applicazione
delle sanzioni ne' di sollecitare alcuna modifica della normativa che
semplificasse il procedimento ne'  quale  vertice  dell'Istituto  ne'
quale Presidente  del  consiglio  di  amministrazione,  e  cio'  sino
all'esposto presentato nell'aprile 2006  alla  Corte  dei  conti,  in
violazione dei doveri d'ufficio ai quali egli e' tenuto in base  alle
sue competenze e funzioni istituzionali per il disposto dell'art.  16
comma 1 del d.lgs. n. 322/1989, ai  sensi  del  quale  il  presidente
«provvede   all'amministrazione   dell'Istituto   assicurandone    il
funzionamento», e per le sue stesse competenze quale preposto ratione
offici al Consiglio e al COMSTAST - organo che ha il compito, tra gli
altri, di delimitare l'ambito dell'obbligo di risposta ed in sostanza
di delimitare l'area della sanzionabilita' dello  stesso  obbligo,  e
che dunque svolge un ruolo primario nel procedimento  di  irrogazione
delle sanzioni. 
    Agli altri convenuti la Procura ha contestato la  responsabilita'
per  colpa  grave  per  omissioni  nell'espletamento  delle   proprie
funzioni  inerenti  il  procedimento  sanzionatorio:   ai   direttori
generali dell'Istituto per aver essi omesso di fornire direttive,  di
controllare  l'attivita'  degli  uffici,  di  avviare  le   attivita'
sanzionatorie,   compiti   che   rientrerebbero   nei   compiti    di
coordinamento ad essi spettanti in base alle disposizioni del  d.lgs.
n. 165/2001; ai direttori del dipartimento e direttori  centrali,  in
quanto ad essi competono funzioni di indirizzo e coordinamento  degli
uffici  dipendenti,  tra  i  quali  quelli  di  dare  attuazione   ai
procedimenti  di  irrogazione  delle  sanzioni  nei  termini  di  cui
all'art.11 del d.lgs. n. 322/1989. 
    Tutti i convenuti si sono costituiti contestando  nel  merito  la
pretesa risarcitoria sotto diversi profili, alcuni (Buratta, Egidi' e
Zannella) eccependo l'improcedibilita' dell'azione della Procura  per
non aver tenuto conto della entrata in vigore dell'art. 44  del  d.l.
n. 248/2007,  convertito  in  legge  n.  31  del  28  febbraio  2008,
disposizione che testualmente recita «Fino al  31  dicembre  2008  ai
fini  della  applicazione  delle  sanzioni  amministrative   previste
dall'art. 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322  e  con
riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla
data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  e'  considerato
violazione dell'obbligo di risposta di cui all'art. 7,  comma  1  del
medesimo decreto legislativo n. 322/1989  esclusivamente  il  rifiuto
formale di fornire i dati richiesti»  e  che  dunque,  escludendo  la
perseguibilita'  di  fattispecie  diverse  dal  formale  rifiuto   di
rispondere occorse sino al 31 dicembre 2008, determina il venir  meno
dell'elemento della illiceita'  del  comportamenti  contestati  dalla
Procura contabile agli odierni convenuti nel presente giudizio. 
    Con sentenza parziale pronunziata all'udienza del 12 ottobre 2009
questo Collegio  ha  ritenuto  di  dover  superare  tale  censura  di
improcedibilita' in quanto la Procura gia' nell'atto di citazione  ha
affrontato la questione degli effetti  della  sopravvenuta  normativa
sul giudizio  intentato,  rilevando  che,  «ancorche'  la  norma  non
utilizzi la formula consueta delle  disposizioni  interpretative  ...
essa manifesta l'intenzione del legislatore di considerare anche  per
il passato "violazione dell'obbligo di  risposta"  quella  che  abbia
dato luogo ad un formale rifiuto», e «limita con effetto  retroattivo
l'applicazione delle sanzioni ai casi in cui il soggetto, pubblico  o
privato, destinatario  della  richiesta  di  dati  o  notizie,  abbia
opposto   un   formale   rifiuto»   determinando    nella    sostanza
«l'eliminazione  della  obbligatorieta'   della   risposta»,   e   ha
contestualmente sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale
della  citata  norma  concludendo  nel  merito  per  una  ipotesi  di
responsabilita'  astrattamente  prospettabile   in   raffronto   alla
normativa vigente anteriormente alla sua entrata in vigore. 
    Piu'  precisamente  la  Procura  ha  sollevato  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  44  del  d.l.  n.  248/2007,
convertito in legge n.  31  del  28  febbraio  2008,  sotto  i  sotto
elencati profili di incostituzionalita': 
        per contrasto con I'art. 77 della Costituzione, per  aver  il
legislatore abusato dello strumento della decretazione  d'urgenza  in
una ipotesi in cui non sussiste  l'urgenza  di  provvedere,  e  degli
artt. 101, secondo comma e 103, secondo comma nonche' dell'art.  108,
secondo comma della Costituzione,  in  quanto  la  reale  motivazione
della decretazione sarebbe da rinvenirsi nell'intento  di  esercitare
una  preordinata  interferenza  sulle  funzioni  della   magistratura
contabile,   sottraendole   una   fattispecie   di    responsabilita'
amministrativa gia' azionata, atteso che al momento della entrata  in
vigore della norma l'istruttoria contabile era  in  corso  in  quanto
l'invito a dedurre e' stato emesso nell'aprile 2007; 
        per contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione,
per mancata indicazione dei mezzi di copertura delle  minori  entrate
derivanti dalla inesigibilita' delle relative sanzioni; 
        per violazione dell'art. 97 e dell'art. 3 della  Costituzione
in quanto pone a presupposto della punibilita' il formale «rifiuto di
rispondere» e  quindi  una  sostanziale  autodenuncia,  in  tal  modo
determinando  un  meccanismo  di  funzionamento  che  non   solo   e'
irrazionale perche' collegato ad un presupposto  inesigibile,  ma  e'
anche inefficace, tenuto conto della sanzione comminata dall'art.  11
del decreto legislativo n. 322/1989 per la violazione dell'obbligo di
risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto,  in  quanto
destinato  a  non  trovare  applicazione   ed   a   determinare   una
ingiustificata disparita' di trattamento nell'ambito dei soggetti che
non forniscono riscontro ai  dati  richiesti,  discriminando  chi  si
limita ad omettere la risposta, non punibile, da chi  si  premura  di
comunicare il suo rifiuto. 
    Le argomentazioni della Procura relativamente alla  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 44 del citato d.l.  sono  state
ampiamente contestate dalla difesa dei convenuti Cianfarani e Perrone
tramite gli avv.ti Diego Vaiano e Raffaele lzzo, che hanno chiesto la
reiezione della questione per manifesta infondatezza rilevando che il
contenuto della norma di per se' dimostra la tesi difensiva che  essi
sostengono ai fini della assoluzione nel merito - secondo la quale la
disposizione sanzionatoria dell'art. 7  del  citato  decreto  era  di
ardua se non impossibile attuazione cosi'  come  formulata,  per  non
consentire  essa  alcun  discrimine   tra   le   diverse   situazioni
riscontrabili nei casi di mancata risposta, sia per cio' che concerne
la graduabilita' della colpa del soggetto tenuto  alla  risposta  sia
per quanto riguarda la maggiore o minore importanza dell'omissione ai
fini della buona resa della indagine statistica, tanto che l'art.  44
del d.l. n. 248/2007 convertito in legge n. 31 del 28 febbraio  2008,
dettando disposizioni transitorie per il passaggio graduale al regime
successivo,  esprimerebbe  proprio  la   presa   di   coscienza   del
legislatore  di   tale   situazione   -   ed   hanno   concluso   per
l'improcedibilita' ed inammissibilita' dell'azione e per la reiezione
della  questione  di  illegittimita'  costituzionale  per   manifesta
infondatezza. 
    La convenuta Sabbadini tramite l'avv. Aristide Police  e  Filippo
Degni ha ampiamente contestato gli addebiti sotto tutti i profili del
merito, e cioe' sia sotto il profilo dei fatti contestati in  ragione
delle competenze della convenuta, sia sotto il  profilo  della  colpa
grave ad essa attribuita, sia sotto il profilo del danno,  confutando
anche gli argomenti della  Procura  a  sostegno  della  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    All'udienza del 12 ottobre 2009 tutti  i  convenuti,  confermando
nel merito le proprie conclusioni, si sono associati  alle  richieste
ed argomentazioni proposte  dagli  altri  in  ordine  alla  questione
incidentale di legittimita'  costituzionale;  in  particolare  l'avv.
Sorrentino per Biggeri ha rilevato che l'art. 44 del decreto-legge n.
248 del 2007 si inserisce funzionalmente nell'ottica  valutativa  del
nuovo art. 7 del d.lgs. n. 322/1989, nel testo riformato e vigente, e
determina  l'impunibilita'   delle   condotte   diverse   da   quelle
tipicamente ivi descritte. 
    Con sentenza  parziale  sono  state  decise  tutte  le  questioni
preliminari di rito e di merito e precisamente: 
        1) e' stata  respinta  l'eccezione  di  nullita'  degli  atti
istruttori  per   violazione   dell'art.   17,   comma   30-ter   del
decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, conv. in legge 3 agosto 2009, n.
102, nel testo corretto dal decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103; 
        2)  e'  stata  disposta  l'estromissione  dal  giudizio   del
convenuto Aldo Orasi in quanto erroneamente inserito tra  i  soggetti
destinatari dell'atto di citazione; 
        3) e' stata  respinta  l'eccezione  d'inammissibilita'  degli
interventi adesivi dell'Adusbef e del Sindacato USI/RdB/-Ricerca; 
        4) e' stata respinta la  censura  di  improcedibilita'  della
azione della Procura per non  aver  tenuto  conto  della  entrata  in
vigore dell'art. 44 del d.l. n.  248/2007,  sollevata  dai  convenuti
Buratta, Egidi e Zannella; 
        5) e' stata respinta l'eccezione  di  nullita'  dell'atto  di
citazione  per  incertezza  dell'oggetto,  presentata  dai  convenuti
Certoma', Mancini, Monducci, Oneto e Terra Abrami; 
        6) e' stata respinta l'eccezione  di  inammissibilita'  della
citazione per violazione del principio di corrispondenza con l'invito
a dedurre, presentata dai convenuti Cianfarani e Perrone; 
        7) e' stata  accolta  l'eccezione  di  parziale  prescrizione
della azione risarcitoria, per essere stata la citazione emessa il  5
agosto 2008, previo invito a dedurre notificato il 19 novembre  2007,
e conseguentemente, per il disposto dell'art. 1,  comma  2  legge  n.
20/1994 per  il  quale  «il  diritto  a  risarcimento  del  danno  si
prescrive  in  cinque  anni  decorrenti  dalla  data  in  cui  si  e'
verificato il fatto dannoso», e'  stato  accertato  che  l'azione  e'
stata  tempestivamente  esercitata  per  le   azioni   ed   omissioni
imputabili ai convenuti successivamente alla  data  del  19  novembre
2002 sino a tutto il 2006, accertando la compiuta prescrizione  della
azione per  il  risarcimento  del  danno  erariale  relativamente  al
periodo precedente (1° gennaio 2002 - 19 novembre 2002). 
    Ed e' stata disposta la  pronunzia  con  separata  ordinanza  per
l'esame della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  44
del d.l. n. 248 del 2007, convertito con legge n. 31 del 28  febbraio
2008, sollevata dalla Procura nel giudizio di responsabilita'. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. - La censura di costituzionalita'  e'  stata  sollevata  dalla
Procura di questa Corte nei confronti dell'art. 44 del  d.l.  n.  248
del 2007, intestato «Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni
legislative  e  disposizioni  urgenti  in  materia  finanziaria»,   e
convertito con legge n. 31 del 28 febbraio 2008, entrato in vigore il
giorno stesso della sua pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale  in
base all'art. 52 del medesimo decreto, e dunque il 31  dicembre  2007
(Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2007). 
    Nell'ambito dei presupposti che questo giudice deve accertare  ai
fini  della  promovibilita'  della  questione   avanti   alla   Corte
costituzionale, ed in particolare  del  presupposto  della  rilevanza
della questione di legittimita' costituzionale nel  giudizio  a  quo,
preliminare e' l'indagine sull'applicabilita' della disposizione  nel
presente giudizio di responsabilita' erariale. 
    La norma censurata testualmente  ha  disposto  che  «Fino  al  31
dicembre 2008 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative
previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6  settembre  1989,  n.
322  e  con  riguardo  alle  rilevazioni  statistiche  svolte   anche
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, e'
considerato violazione dell'obbligo di risposta di  cui  all'art.  7,
comma 1 del medesimo decreto legislativo n.  322/1989  esclusivamente
il rifiuto formale di fornire i dati richiesti». 
    Essa  incide  sulle  disposizioni  poste  dalla  Procura  a  base
dell'azione di responsabilita' erariale, in quanto modifica  l'ambito
temporale di applicabilita'  dell'art.  7,  comma  1  del  d.lgs.  n.
322/1989, disposizione sulla cui violazione si fonda  l'azione  della
Procura e che - per effetto dell'art. 3  comma  164  della  legge  n.
244/2007 - era in  vigore  all'epoca  dei  fatti  contestati  ed  era
destinata   a   rimanerne   la   disposizione    regolatrice    anche
successivamente e sino al  31  dicembre  2007,  in  quanto  le  nuove
previsioni dell'art. 7, comma 1, come sostituito dall'art.  3,  comma
64 della medesima legge n. 244/2007, avrebbero  trovato  applicazione
solo a  decorrere  dal  1°  gennaio  2008  e  per  i  fatti  commessi
successivamente a tale data. 
    Per  effetto  della  disposizione  censurata  il  vecchio   testo
dell'art.  7,  comma  1  del  d.lgs.  n.  322/1989  non  trova   piu'
applicazione neanche per  i  fatti  occorsi  antecedentemente  al  31
dicembre 2007, a fronte della letterale previsione ivi contenuta  che
estende l'ambito temporale di applicabilita'  della  norma  censurata
«fino  al  31  dicembre  2008...  e  con  riguardo  alle  rilevazioni
statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore
del presente decreto». 
    L'art. 44 del d.l. n. 248/2007 dunque e' applicabile nel giudizio
di responsabilita' in quanto sostituisce, con effetto esteso ai fatti
contestati ai convenuti, alla previgente fattispecie sanzionabile  di
cui all'art. 7, comma 1 del  citato  decreto  legislativo  una  nuova
fattispecie costituita esclusivamente dal «rifiuto formale di fornire
i dati richiesti». 
    2. - La evidente pregiudizialita'  della  proposta  questione  di
legittimita' costituzionale rispetto alla definizione del giudizio di
responsabilita'  amministrativa,  come   dalle   considerazioni   che
seguono, determina la rilevanza della stessa nel presente giudizio. 
    2.1.  -  La  responsabilita'   dei   funzionari   dell'ISTAT   e'
astrattamente prospettabile, secondo la tesi della Procura,  in  base
alle disposizioni previgenti all'emanazione dell'art. 44 del d.l.  n.
248/2007, in quanto: 
        nel sistema sanzionatorio delineato dagli art. 7, commi  1  e
3, e dall'art.11 del  d.lgs.  n.  322/1989  -  vigenti  per  i  fatti
commessi sino al 31 dicembre  2007  per  effetto  delle  disposizioni
dell'art. 3 comma 164 della legge n. 244/2007, che ha fissato  al  1°
gennaio 2008 la data di entrata in vigore della nuova  configurazione
di illecito amministrativo di cui al  nuovo  testo  dell'art.  7  del
d.lgs. n. 322/1989  come  sostituito  dall'art.  3,  comma  74  della
medesima legge n. 244/2007 - la sanzione pecuniaria di  cui  all'art.
11 del medesimo decreto era applicabile, ai sensi dell'art. 7 comma 3
del decreto stesso, a «coloro che, richiesti di  dati  e  notizie  ai
sensi  del  comma  1,  non  li  forniscano,  ovvero   li   forniscono
scientemente errati o incompleti...» e pertanto a tutte le ipotesi di
mancata risposta, senza alcuna distinzione ne' per tipologia dei dati
ne' tra casi di formale diniego di risposta e casi  di  comportamento
meramente omissivo. 
    Solo per i  fatti  commessi  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2008
l'ambito oggettivo  e  soggettivo  dell'obbligo  di  rispondere  alle
richieste di dati statistici e le conseguenze della mancata  risposta
sono state diversamente disciplinate, avendo l'art. 3, comma 74 della
medesima legge n. 244/2007 sostituito il comma 1 dell'art. 7  citato,
disponendo che «E' fatto obbligo a tutte le amministrazioni,  enti  e
organismi pubblici di fornire tutti i dati che vengano loro richiesti
per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale.  Sono
sottoposti al medesimo obbligo i soggetti privati per le rilevazioni,
rientranti nel programma stesso, espressamente indicate con  delibera
del Consiglio dei ministri. Su proposta  del  Presidente  dell'ISTAT,
sentito il comitato di cui all'art. 17, con  delibera  del  Consiglio
dei ministri  e'  annualmente  definita,  in  relazione  all'oggetto,
ampiezza, finalita', destinatari e tecnica di indagine utilizzata per
ciascuna rilevazione statistica, la tipologia di dati la cui  mancata
fornitura, per rilevanza, dimensione o significativita' ai fini della
rilevazione statistica, configura violazione dell'obbligo di  cui  al
presente comma. I proventi delle sanzioni amministrative irrogate  ai
sensi dell'art. 11 confluiscono in  apposito  capitolo  del  bilancio
dell'ISTAT e  sono  destinati  alla  copertura  degli  oneri  per  le
rilevazioni previste  dal  programma  statistico  nazionale».  Si  e'
dunque previsto che  l'ambito  dei  dati  la  cui  mancata  fornitura
all'ISTAT configura violazione dell'obbligo di  risposta  -  nonche',
per effetto dell'invariato comma 3 del medesimo art.  7,  presupposto
per l'applicazione della sanzione di  cui  all'art.  1  del  medesimo
decreto legislativo  -  sia  definito  con  riferimento  a  parametri
individuati  in  funzione  della  tipologia  di  indagine  nei   modi
descritti dalla norma. 
    In tale  situazione  normativa,  per  i  fatti  contestati  dalla
Procura appare non infondata la tesi della applicabilita' della norma
sanzionatoria di riferimento, nel senso di  ritenere  che  l'art.  7,
comma 3 del d.lgs.  n.  322/1989  vecchio  testo  comportasse  per  i
soggetti competenti l'obbligo  di  procedere  all'accertamento  della
violazione  ed  alla  successiva  conduzione  del  procedimento   per
l'applicazione delle sanzioni  a  fronte  di  ogni  caso  di  mancata
risposta  senza  ulteriori  distinzioni  e  che  dunque  la  assoluta
omissione di alcuna procedura  sanzionatoria  sin  dalla  entrata  in
vigore del d.lgs. n. 322/1989 e sino  all'anno  2007  costituisca  in
astratto una ipotesi tipica di colpa grave collegata ad una grave  ed
inescusabile violazione di norma imperativa. 
    2.2. -  Nel  concreto,  i  fatti  contestati  ai  convenuti  sono
costituiti da omissioni  relative  all'applicazione  delle  sanzioni,
occorse durante il periodo  2002-2006.  Pur  dovendosi  circoscrivere
l'accertamento ai fatti omissivi verificatisi durante il periodo  non
coperto da prescrizione  e  dunque,  come  accertato  nella  sentenza
parziale emessa all'udienza del 12 ottobre 2009, successivamente alla
data del 19 novembre 2002 sino a tutto il 2006, va osservato che  per
detto periodo - nella situazione antecedente  alla  emanazione  della
norma  censurata -  ai  fatti  contestati  rimaneva  applicabile   il
disposto dell'art. 7, comma  1  del  citato  decreto  legislativo  n.
322/1989 nella sua formulazione originaria. 
    2.3. - Indipendentemente dalla formula usata dal legislatore, che
non fa alcun accenno ne' alla natura interpretativa ne' ad un effetto
retroattivo della disposizione, il tenore letterale dell'art. 44  del
d.l. n. 248/2007 esclude la perseguibilita'  di  fattispecie  diverse
dal formale rifiuto di rispondere occorse sino al 31  dicembre  2008,
senza alcuna possibilita' di  altra  interpretazione  atteso  che  la
stessa  dispone  «fino  al  31  dicembre  2008»  «con  riguardo  alle
rilevazioni statistiche  svolte  anche  anteriormente  alla  data  di
entrata in vigore del  presente  decreto»,  e  dunque  anche  per  il
periodo dal 2002 al 2006 al quale si riferiscono i  fatti  contestati
nel presente giudizio. 
    Pertanto,   detta   disposizione   determina   il   venir    meno
dell'elemento  dell'antigiuridicita'  dei  comportamenti   contestati
dalla Procura  contabile,  dal  momento  che  l'illiceita'  e'  stata
rilevata per tutti i casi di mancata fornitura di dati, conformemente
al sistema sanzionatorio vigente al momento dei fatti (come delineato
dall'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 e  dallo  stesso  art.  3
della legge n. 244/2007 che, al comma 74, ha sostituito il testo  del
comma 1 dell'art. 7 ed al comma 164 ne ha fissato l'entrata in vigore
al 1° gennaio 2008) senza differenziare le fattispecie sulla base del
presupposto del «rifiuto formale» di fornire i dati, introdotto  solo
dalla norma censurata e non presente nella norma innovativa di cui al
citato art. 3, commi 74 e 164, legge n. 244/2007. 
    L'azione della Procura, in altri  termini,  non  potrebbe  essere
accolta  per  non  aver  essa  posto  ad  oggetto  della  pretesa  un
comportamento censurabile  alla  luce  delle  disposizioni  di  legge
sopravvenute al momento della sua  proposizione  ed  incidenti  anche
sulle rilevazioni statistiche effettuate nel periodo  2002-2006,  dal
momento che  nella  citazione  il  danno  e'  stato  complessivamente
calcolato su tutti i comportamenti omissivi della applicazione  delle
sanzioni a fronte di  tutti  i  casi  di  mancata  risposta  ai  dati
richiesti dall'ISTAT, senza evidenziare nel  loro  ambito  i  rifiuti
espressi formalmente e senza che la domanda della Procura  sia  stata
in tal senso modificata o ridotta. 
    Pertanto la norma impugnata incide sulla definizione del giudizio
a quo in quanto la pronunzia di incostituzionalita'  della  censurata
disposizione determinerebbe la perseguibilita' dei comportamenti  dei
convenuti  conformemente   al   sistema   sanzionatorio   determinato
dall'art. 7 del  d.lgs.  n.  322/1989,  vecchio  e  nuovo  testo,  in
relazione al quale sia l'accusa  della  Procura  che  le  difese  dei
presunti responsabili troverebbero vaglio in sede di merito. 
    3. - Nel merito della questione di legittimita' costituzionale ne
va vagliata la non manifesta infondatezza con riferimento ai  diversi
parametri costituzionali richiamati, e precisamente: 
    3.1. - per contrasto con l'art. 77 della Costituzione,  per  aver
il legislatore abusato dello strumento della  decretazione  d'urgenza
in una ipotesi  in  cui  non  sussiste  l'urgenza  di  provvedere,  e
dell'art. 101, secondo comma, art. 103, secondo  comma  e  art.  108,
secondo comma della Costituzione,  in  quanto  la  reale  motivazione
dell'utilizzo della  decretazione  d'urgenza  sarebbe  da  rinvenirsi
nell'intento  di  esercitare  una  preordinata   interferenza   sulle
funzioni  della  magistratura  contabile,  sottraendo  ad  essa   una
fattispecie di responsabilita' amministrativa gia' azionata, come  si
evincerebbe dalla circostanza che al momento della entrata in  vigore
della norma l'istruttoria contabile era in corso atteso che  l'invito
a dedurre e' stato emesso nel novembre 2007. 
    La  Procura  cita  a  sostegno  della  incostituzionalita'  della
lesione da parte della legge delle prerogative della Magistratura, le
sentenze costituzionali n. 6 del 1994, n. 480 del  1992,  n.  91  del
1988, n. 123 del 1987, n. 118 del 1957, n. 397 del 1994, dalle  quali
si ricaverebbero i principi secondo i quali «il  legislatore  vulnera
le funzioni giurisdizionali  quando  la  legge  sia  intenzionalmente
diretta ad incidere su concrete fattispecie sub judice», la  sentenza
costituzionale n. 155 del 1990 nella  quale  e'  precisato  che  tale
intenzione deve assumere i tratti di una  «preordinata  interferenza»
nella controversia in corso ad opera della legge, la  sentenza  n.  6
del  194  nella  quale  si  precisa  che  tale  «eccesso  di   potere
legislativo» non e' di per se' dimostrato dal  «fatto  che  la  norma
impugnata si sia venuta, nella sostanza,  a  configurare  come  norma
innovativa dotata di forza retroattiva anziche' come vera  e  propria
norma interpretativa», la sentenza n.  171/2007  nella  quale  si  e'
dichiarata l'incostituzionalita' di una singola disposizione inserita
in un decreto legge per mancanza dei presupposti della necessita'  ed
urgenza di cui al'art. 77 della Cost. 
    Cio' premesso, la Procura ha ritenuto  che  costituiscano,  nella
fattispecie di cui all'art. 44 del d.l. n.  248/2007  qui  censurato,
sintomi di tale preordinata interferenza una serie di  circostanze  e
precisamente a) il fatto che ictu oculi non  sussistano  i  requisiti
della necessita'  e  dell'urgenza  di  provvedere  su  una  normativa
risalente nel tempo e sempre applicata antecedentemente alla  riforma
di cui al d.lgs. n. 322/1989 quando  la  sanzione  era  di  carattere
contravvenzionale, b) il  fatto  che  essa  sia  stata  inserita  nel
decreto legge intestato «Proroga di termini previsti da  disposizioni
legislative e disposizioni urgenti in  materia  finanziaria»,  mentre
non dispone alcuna proroga di termini in scadenza, c) il fatto che la
norma sia intervenuta in un momento in  cui  era  stato  gia'  emesso
l'invito a dedurre e dunque iniziata l'istruttoria  del  giudizio  di
responsabilita', con la notifica dell'invito a dedurre  nel  novembre
2007, d) l'irragionevolezza dell'intervento normativo che circoscrive
solo fino al 31 dicembre 2008 l'area delle  condotte  sanzionabili  a
quelle  costituite   dal   formale   rifiuto   di   rispondere»,   e)
l'irrazionalita' della disposizione rispetto al suo dichiarato scopo,
atteso che essa e'  formalmente  volta  a  determinare  l'area  delle
condotte punibili ma in realta' svuota di  significato  il  principio
della obbligatorieta' della fornitura dei dati; 
    3.2.  -  per  contrasto  con  l'art.  81,  quarto   comma   della
Costituzione, per mancata indicazione dei mezzi  di  copertura  delle
minori entrate  derivanti  dalla  inesigibilita'  dell'importo  delle
sanzioni desumibili dalle  mancate  risposte  da  contabilizzare  nel
bilancio dello Stato, non potendosi ritenere ostativa la circostanza,
che era venuta in rilievo gia' nel dibattito parlamentare in sede  di
conversione del  decreto-legge,  che  nell'esercizio  finanziario  in
corso non era previsto uno specifico capitolo di  bilancio  al  quale
fare affluire le entrate; 
    3.3.  -  per  violazione  dell'art.  97  e  dell'art.   3   della
Costituzione, in quanto la norma  censurata  «azzera  totalmente»  il
meccanismo  delle  sanzioni  in  quanto  pone  a  presupposto   della
punibilita' un onere, il formale rifiuto di rispondere, a carico  del
medesimo soggetto a danno  del  quale  la  sanzione  dovrebbe  essere
applicata, ed in quanto, attraverso questo stesso meccanismo,  «attua
una ingiustificata disparita'  di  trattamento  tra  coloro  che  non
rispondono ai quesiti prevedendo una condizione deteriore per  coloro
che formalmente si rifiutano di rispondere rispetto agli altri che si
rifiutano senza dire nulla». 
    4. - Si osserva preliminarmente che la disposizione censurata  e'
stata convertita senza modificazioni nella legge 28 febbraio 2008, n.
31, che ha aggiunto all'art. 44 il comma 1-bis il cui contenuto e' il
seguente:   «Al   fine   di   consentire   la   stima    dell'impatto
sull'indebitamento netto e sul debito pubblico  delle  operazioni  di
partenariato pubblico-privato avviate da pubbliche amministrazioni  e
ricadenti nelle tipologie indicate dalla decisione  Eurostat  dell'11
febbraio 2004,  le  stazioni  appaltanti  sono  tenute  a  comunicare
all'Unita' tecnica finanza di progetto della Presidenza del Consiglio
dei ministri le informazioni  relative  a  tali  operazioni,  secondo
modalita' e termini indicati in  un'apposita  circolare  da  emanarsi
d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica. Dall'attuazione  del
presente comma non devono derivare nuovi o maggiori  oneri  a  carico
della  finanza  pubblica,  recante  previsioni   che   non   incidono
sull'ambito  e  la  portata  della  censurata  disposizione.»  e  che
pertanto non sposta  i  termini  della  impugnativa  di  legittimita'
costituzionale. 
    5. - Questo giudice ritiene manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale sollevata con riferimento all'art.  81
Costituzione, e  cio'  a  causa  della  peculiarita'  del  meccanismo
sanzionatorio delineato in materia dall'art. 3, comma 74 della  legge
n. 244/2007, che sostituendo il testo dell'art. 7, comma 1 del d.lgs.
n. 322/1989 ha confermato il principio di destinazione delle  entrate
derivanti da sanzioni gia' vigente, disponendo che «I proventi  delle
sanzioni amministrative irrogate ai sensi dell'art.  11  confluiscono
in apposito capitolo del bilancio dell'ISTAT e  sono  destinati  alla
copertura degli oneri  per  le  rilevazioni  previste  dal  programma
statistico nazionale» e mutando solo il bilancio di destinazione, che
oggi e' quello dello stesso istituto che accerta la  sanzione  e  sul
quale  concretamente  gravano  le  spese  correlate  alle   procedure
sanzionatorie. 
    Atteso che dunque nell'ambito  delle  spese  di  cui  si  tratta,
essenzialmente  riconducibili  ai  costi  per  l'accertamento   delle
sanzioni, la copertura e' tendenzialmente  assicurata  attraverso  il
vincolo di destinazione delle entrate, costituite dall'importo  delle
relative sanzioni, l'art. 44  qui  censurato  riduce  l'ambito  delle
fattispecie sanzionabili e pertanto determina presumibilmente  minori
entrate per la ridotta possibilita' di applicazione  delle  sanzioni,
ma non a fronte di un dato costante di spesa, in riferimento al quale
la minore entrata costituirebbe effettivamente un costo riconducibile
al concetto di «nuove spese» di cui all'art. 81  della  Costituzione,
bensi' di un flusso di spese presumibilmente in diminuzione in misura
proporzionale alla diminuzione delle entrate, e cio' a  fronte  della
minore quantita' di procedimenti  di  accertamento  collegabile  alla
riduzione delle fattispecie giuridicamente rilevanti  ai  fini  della
punibilita' ma soprattutto della loro conducibilita' sulla base di un
elemento rinvenibile agli atti - il rifiuto espresso  di  rendere  le
informazioni, orale o scritto che esso debba  intendersi -  e  dunque
accertabile tramite rilevazione diretta della relativa  comunicazione
effettuata da parte e a  cura  del  trasgressore,  con  costi  dunque
presumibilmente molto limitati da parte dell'accertatore. 
    Va inoltre  osservato  che  le  minori  entrate  derivanti  dalla
riduzione  dell'ambito  delle   fattispecie   punibili   non   paiono
esattamente quantificabili a priori, e tale considerazione apporta un
ulteriore  elemento  di  giudizio  che  depone   per   la   manifesta
infondatezza della  prospettata  incostituzionalita',  a  fronte  del
consolidato orientamento della Corte secondo il  quale  l'obbligo  di
copertura ex art. 81 Cost. non ricorre quando l'onere  introdotto  da
una nuova legge non e' quantificabile a priori (sin dalla sentenza n.
478 del 1987). 
    6. - Non e' invece  manifestamente  infondata  la  questione  con
riferimento  agli  altri  profili   denunziati   dalla   Procura,   e
precisamente: 
    6.1. - Per la violazione degli artt. 97 e 3 della Costituzione. 
    Dal suo tenore letterale la  norma  censurata  appare  diretta  a
delimitare  fino  al  31  dicembre  2008  l'ambito  oggettivo   della
fattispecie di mancata fornitura di dati statistici rilevante ai fini
dell'applicazione della sanzione di cui all'art.  11  del  d.lgs.  n.
322/1989,  disponendo  «ai  fini  dell'applicazione  delle   sanzioni
amministrative  previste  dall'art.  11  del  decreto  legislativo  6
settembre 1989, n. 322, e'  considerato  violazione  dell'obbligo  di
risposta di cui all'art. 7, comma 1 del medesimo decreto  legislativo
n. 322/1989 esclusivamente il  rifiuto  formale  di  fornire  i  dati
richiesti». 
    In  realta'  tale  previsione  -  pur  tenendo  in  debito  conto
l'ipotesi che il legislatore abbia volutamente introdotto  una  norma
sanzionatoria di portata limitata, e cioe' una «norma transitoria» di
passaggio  al  sistema  definitivo,   restringendo   l'ambito   della
sanzionabilita' ad una fattispecie assai piu' ristretta sia di quella
vigente sino al 31 dicembre 2007 in base al vecchio  testo  dell'art.
7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 che di quella  che  sicuramente  si
delineera' ad esito delle procedure di cui all'art. 7,  comma  1  del
citato d.lgs. nuovo testo dal 31 dicembre 2008 in poi  -  non  appare
corrispondere ad alcun criterio logico, non approntando un minimo, ma
inderogabile livello di  garanzia  per  la  tutela  dell'effettivita'
dell'obbligo di conferimento dei dati di cui all'art. 7, commi 1 e  3
del citato d.lgs. n. 322/1989 per un periodo transitorio - sino al 31
dicembre 2008, appunto - nelle more della piena entrata a regime  del
meccanismo complesso individuato dal medesimo art.  7,  comma  1  del
citato d.lgs. n. 322/1989. 
    Cio'  in  quanto  la  norma  individua  quale  presupposto  della
punibilita' del soggetto trasgressore una formale  dichiarazione  con
la quale egli stesso, mettendo in moto il meccanismo  della  sanzione
nei propri confronti,  abbia  dichiarato  o  dichiari  di  non  voler
rispondere alla richiesta di dati. 
    Il presupposto della sanzionabilita' della  mancata  risposta  ai
dati richiesti  risiede  dunque,  per  l'art.  44  censurato,  in  un
comportamento  inesigibile,   in   quanto   contrario   all'interesse
dell'onerato, e che del tutto  verosimilmente  non  potrebbe  trovare
realizzazione, nel periodo di riferimento, atteso che per eludere  la
sanzione e' sufficiente non attivarsi esprimendo un formale rifiuto. 
    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto da alcune  difese  dei
convenuti, l'art. 44 non si inserisce  in  alcun  modo  nella  logica
della riforma  dell'obbligo  di  fornire  i  dati  statistici  e  del
relativo sistema sanzionatorio, prevista dalla legge n. 244/2007,  in
quanto individua la punibilita' della trasgressione con  un  criterio
che rimane del tutto estraneo a quelli previsti dall'art. 7, comma  1
nuovo testo, come sostituito dall'art. 74 della legge n. 244/2007,  e
destinati ad operare  «a  regime»,  e  tale  circostanza  costituisce
ulteriore indice della sua illogicita'. 
    Tale ultima disposizione, infatti, nel prevedere che l'ambito dei
dati la  cui  mancata  fornitura  configura  violazione  dell'obbligo
sanzionato al comma  3  dell'art.  7  e  all'art. 11  del  d.lgs.  n.
322/1989 sia definito annualmente  con  delibera  del  Consiglio  dei
ministri su proposta del Presidente dell'ISTAT, sentito  il  Comitato
di  cui  all'art.  17,  individua  il  criterio  di  selezione  delle
fattispecie punibili essenzialmente  nella  importanza  che  il  dato
riveste ai fini della statistica, prescrivendo  che  sia  individuata
«la tipologia di  dati  la  cui  mancata  fornitura,  per  rilevanza,
dimensione o significativita' ai fini della  rilevazione  statistica,
configura  violazione  dell'obbligo  di  cui  al   presente   comma»,
tipologia  di  dati  da  individuarsi  «in   relazione   all'oggetto,
ampiezza, finalita', destinatari e tecnica di indagine utilizzata per
ciascuna rilevazione statistica». In nessun modo dunque  il  «rifiuto
formale» di fornire i dati cui all'art. 44 censurato si pone in linea
con tale criterio, non costituendo un elemento  che  inerisce  ne'  a
qualita' del dato richiesto ne' a caratteristiche  della  indagine  o
della tecnica di indagine, e non  inerendo  al  destinatario  se  non
sotto il profilo di discriminare i trasgressori dell'obbligo nei modo
del  tutto  irragionevole  ed  incongruo   sopra   descritto,   cioe'
permettendo l'impunita' di coloro che rimangono nella piena e silente
omissione  e  prevedendo  invece  la  punibilita'   di   coloro   che
formalizzano  il  loro  rifiuto  di  rispondere  ai  dati  richiesti,
esprimendolo «formalmente». 
    Cio' appare sufficiente a questo giudice per  ritenere  la  norma
del tutto stridente con i principi di logica e buona  amministrazione
imposti al legislatore dall'art. 97 della Costituzione, ed anche  per
altro verso, per ritenere  comunque  la  norma  contrastante  con  il
principio di eguaglianza di cui all'art. 3  della  Costituzione,  che
impone  di  trattare  in  modo  adeguatamente  diseguale   situazioni
diseguali, in quanto essa comporta paradossalmente la punibilita'  di
chi si premura di fornire formale risposta negativa alla richiesta di
dati - presumibilmente al fine di motivarla precisando le ragioni del
rifiuto - e la  non  punibilita'  di  chi  si  limita  a  trasgredire
l'obbligo di risposta, rimanendo del tutto inerte e neanche chiarendo
o giustificando il proprio comportamento, a fronte  della  violazione
di un obbligo che rimane comunque vigente per  effetto  dell'art.  7,
comma 1 del citato d.lgs. n.  322/1989  indipendentemente  dalla  sua
concreta  sanzionabilita'  da   parte   dell'ordinamento,   come   il
legislatore della norma impugnata ha mostrato di ritenere  disponendo
non per la limitazione dell'obbligo di risposta - previsto al  citato
art. 7 comma 1  non  inciso  dall'art.  44  impugnato  -  ma  per  la
limitazione delle fattispecie di  trasgressione  rilevanti  «ai  fini
dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art.  1
del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322/1989». 
    6.2. - Per violazione dell'art.77 Costituzione. 
    Come rilevato al punto 2.3 della  presente  ordinanza,  l'art.  7
comma 1 del d.lgs. n. 322 del 1989, nel testo sostituito dall'art. 3,
comma 74 della legge n. 244/2007, e' entrato in vigore il 1°  gennaio
2008; per il periodo  antecedente  trovava  applicazione  il  vecchio
testo del medesimo art. 7, comma 1 del  citato  d.lgs.,  destinato  a
disciplinare le fattispecie di mancata risposta a richiesta  di  dati
statistici  sino  al  31  dicembre  2007.  Tale  ultima   norma   era
sistematicamente inserita in un contesto  nel  quale  -  per  effetto
dell'art. 3, comma 164 della legge finanziaria 2008,  n.  244/2007  -
era  destinata  ad  essere  vigente  ed  efficace  sino   al   giorno
antecedente a quello  della  entrata  in  vigore  della  riforma  del
sistema statistico e  sanzionatorio,  organicamente  disciplinato  ex
novo non solo dal nuovo testo dell'art. 7, comma 1 del citato  d.lgs.
n. 322/1989, sostituito dal comma 74 della legge n. 244/207, ma anche
dai commi 72 e 73 della medesima legge. 
    In tale contesto, nell'ultimo  giorno  di  vigenza  dell'art.  7,
comma 1 vecchio  testo,  e  a  distanza  di  soli  tre  giorni  dalla
pubblicazione della legge n. 244/2007, si e' inserito l'art.  44  del
d.l. n. 248/2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 302  del  31
dicembre 2007 ed entrato in vigore il giorno stesso, norma che,  come
si e' rilevato  in  precedenza,  in  concreto  sostituisce  una  piu'
ristretta fattispecie di punibilita', il «rifiuto formale» di fornire
i  dati  richiesti,  alle  fattispecie  previste  dal  vecchio  testo
dell'art. 7, comma 1, d.lgs. n. 322/1989 sino al 31 dicembre 2008. 
    Essendo la previsione espressamente dettata per  «le  rilevazioni
statistiche svolte anche anteriormente alla data di entrata in vigore
del presente decreto» e dunque anche per il periodo antecedente al 31
dicembre 2007, essa ha dunque l'effetto di incidere  retroattivamente
sulla definizione dell'ambito delle fattispecie alle quali l'art.  7,
comma 3 del d.lgs. n. 322/1989 collegava la sanzione di cui  all'art.
11 del medesimo decreto, impedendo all'art. 7, comma 1  del  medesimo
decreto di trovare  applicazione  sino  alla  sua  naturale  scadenza
prevista dalla riforma. 
    Tale effetto appare del tutto estraneo e,  come  tale,  privo  di
razionale giustificazione rispetto alla finalita' del  decreto  legge
n. 248/2007, dichiaratamente volto alla «Proroga di termini  previsti
da  disposizioni  legislative  e  disposizioni  urgenti  in   materia
finanziaria», ed in seno  al  quale  l'art.  44  impugnato  e'  stato
inserito nel Capo tra le «disposizioni finanziarie urgenti». 
    E' sufficiente rilevare che non si tratta di una disposizione  di
carattere finanziario, che non dispone alcuna proroga di  termini  in
scadenza che possa giustificare una sua urgenza e che  l'effetto  che
essa realizza e' addirittura nella direzione opposta, e cioe'  quella
del togliere retroattivamente effetto ad una  disposizione  di  legge
che era destinata ad avere vigenza sino al momento della decretazione
d'urgenza, il 31 dicembre 2007, in base ad una legge, la n. 244/2007,
promulgata solo tre giorni prima. 
    Ne'   e'   possibile   adottare   della   impugnata   norma   una
interpretazione  compatibile  con  i  principi  costituzionali  e  in
particolare con l'art.  77  Cost.,  nel  senso  che  il  legislatore,
intervenendo con decreto legge il giorno antecedente  all'entrata  in
vigore del nuovo sistema  statistico  e  sanzionatorio  abbia  voluto
dettare  una  disposizione  transitoria  che  limitasse  sino  al  31
dicembre 2008, e cioe' per un intero anno  dalla  entrata  in  vigore
della riforma di cui alla citata legge n. 244/2007,  l'applicabilita'
delle  sanzioni  per  violazione  dell'obbligo  di  fornire  i   dati
statistici richiesti, al fine cioe' di procrastinare di  un  anno  la
concreta entrata in vigore del sistema  sanzionatorio  ivi  previsto,
che richiede procedure di approntamento per la prima volta introdotte
nell'ordinamento  dell'ISTAT  (tesi  sostenuta   dalla   difesa   del
Presidente dell'Istat). 
    Tale  interpretazione  non  e'  invero  consentita   dal   tenore
letterale  della  norma,  che  sancendo  espressamente  «Fino  al  31
dicembre 2008 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative
previste dall'art. 11 del decreto legislativo 6  settembre  1989,  n.
322  e  con  riguardo  alle  rilevazioni  statistiche  svolte   anche
anteriormente  alla  data  di  entrata   in   vigore   del   presente
decreto...», stabilisce che la stessa e' destinata ad operare: 1) per
le rilevazioni statistiche successive alla data del 31 dicembre 2007,
e per le fattispecie di mancata ottemperanza all'obbligo di  risposta
alle richieste di dati statistici disciplinate dalle norme vigenti da
quella data in poi (art. 7,  comma  1  nuovo  testo),  e  2)  per  le
rilevazioni statistiche antecedenti a tale data, e per le fattispecie
di mancata ottemperanza all'obbligo di  risposta  alle  richieste  di
dati statistici disciplinate dalle norme vigenti sino al 31  dicembre
2007 (art. 7, comma 1 vecchio testo), coprendo  un  ambito  temporale
maggiore di quello che sarebbe richiesto per il fine che ora si vuole
considerare, per raggiungere il quale non  sarebbe  stato  necessario
che la norma disponesse anche per il  periodo  di  tempo  antecedente
alla riforma, e che non e' possibile espungere  dalla  norma  neanche
tentando  una  interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
stessa. 
    Peraltro,   non   e'   neppure   possibile   accedere   ad    una
interpretazione restrittiva della  norma  censurata,  che  ne  limiti
l'operativita'  escludendo   dalla   sua   portata   le   fattispecie
sanzionabili in base all'art. 7, comma 1 vecchio testo del d.lgs.  n.
322/1989, occorse antecedentemente al 31 dicembre 2007. 
    Infatti, ancorche' non incida sull'obbligo  di  conferimento  dei
dati cosi' come previsto  dalla  norma  ultima  citata,  detta  norma
prevede  espressamente  che  la   violazione   rilevante   «ai   fini
dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste  dall'art.11
del decreto legislativo 6 settembre  1989,  n.  322»  sia  costituita
unicamente dal rifiuto formale non solo fino al 31 dicembre  2008  (e
dunque  ai  fini,  seppure  criticabili  con  riferimento  ad   altro
parametro costituzionale, di dettare norma transitoria di passaggio a
regime della riforma  dal  31  dicembre  2007  alla  nuova  data  ivi
indicata) ma anche «con riguardo alle rilevazioni statistiche  svolte
anche anteriormente alla data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto»  e  cioe'  al  31  dicembre  2007.  Ne  consegue   che   una
interpretazione restrittiva della  norma,  rispettosa  del  parametro
costituzionale di cui all'art. 77 Cost., e' impedita  dalla  volonta'
espressa dal legislatore . 
    In  conclusione,  la  citata  disposizione   appare   illegittima
costituzionalmente per contrasto con  l'art.  77  della  Costituzione
quantomeno nella parte in  cui  dispone  la  propria  efficacia  «con
riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla
data di entrata in vigore del presente decreto» e dunque per i  fatti
commessi sino al 31 dicembre 2007,  cosi'  introducendo  in  sede  di
decretazione  d'urgenza  una  disposizione  priva  del  requisito  di
necessita' ed urgenza e tesa a sostituire retroattivamente  il  testo
dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989. 
    6.3.  -  Per  violazione  degli  artt.  101,  103  e  108   della
Costituzione. 
    La presenza dei profili di incostituzionalita' sopra rilevati per
contrasto con gli artt.  77,  97  e  3  della  Costituzione  fornisce
altresi', a parere  di  questo  giudice,  piu'  di  una  ragione  per
ritenere non  manifestamente  infondata  la  sollevata  questione  di
legittimita' costituzionale per violazione degli artt. 101, 103 e 108
della Costituzione, poiche' fornisce piu' di un indizio del fatto che
con l'art. 44  impugnato  in  realta'  il  legislatore  abbia  voluto
perseguire uno scopo diverso e ulteriore da  quello  che  appare  dal
tenore letterale della norma  stessa,  individuabile  attraverso  una
serie  di  altre  circostanze,  costituito  dalla   incisione   delle
prerogative della magistratura contabile. 
    Rileva in primis il fatto che, per  le  ragioni  evidenziate  nei
precedenti punti 5.1. e 5.2., della presente ordinanza, la norma  non
ha  contenuto  ne'  di  proroga  dei  termini  ne'  di   disposizione
finanziaria ne', in concreto, e' idonea a individuare un  presupposto
comportamentale al quale puo' collegarsi logicamente e  razionalmente
la punibilita'  del  comportamento  trasgressivo  nell'ambito  di  un
meccanismo sanzionatorio, ne' puo' trovare la sua ragion d'essere nel
prevedere una ipotesi di punibilita'  «transitoria»  per  il  periodo
sino al 31 dicembre 2008 almeno nella parte in cui dispone  «ai  fini
dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dall'art. 11
del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e con riguardo  alle
rilevazioni statistiche  svolte  anche  anteriormente  alla  data  di
entrata in vigore del presente decreto.....». 
    Per tale parte, considerando che gli unici effetti che  la  norma
e'  in  grado  di  produrre  sono  gli  effetti  «paralizzanti»   del
meccanismo  di  applicazione  della  sanzione   per   la   violazione
dell'obbligo  di  cui  al  citato  art.   7,   comma   1,   a   causa
dell'irrazionalita'  della  previsione   del   rifiuto   formale   di
rispondere quale unico presupposto di punibilita', essa si  prospetta
piu'  che  come  una  norma  che  limita  la  punibilita'  ad  alcune
fattispecie - in realta' non realisticamente prospettabili - come una
norma  che  appronta  una  sanatoria  globale  delle  situazioni   di
violazione dell'obbligo di  risposta  occorse  sino  a  tutto  il  31
dicembre 2007, che rimanevano  punibili  in  base  al  vecchio  testo
dell'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989. 
    In tale quadro deve inserirsi la valutazione del  dato  temporale
che si ricava dall'analisi della successione dei  fatti  inerenti  al
giudizio di responsabilita' amministrativa sul quale la  disposizione
in questione e' destinata ad  incidere  e  nel  corso  del  quale  la
censura e' stata sollevata,  e  cioe'  a  fatto  che  l'art.  44  del
decreto-legge n. 248/2007 e' stato promulgato il 31 dicembre  2007  e
cioe' successivamente alla notifica dell'invito a dedurre, effettuata
a tutti i convenuti il 19 novembre 2007. 
    La situazione complessivamente venutasi a  delineare  e'  che  la
norma censurata, apparentemente  dettata  al  fine  di  delineare  un
seppur ridotto presupposto  di  sanzionabilita'  della  trasgressione
dell'obbligo di conferire i dati - ma in concreto del tutto  inidonea
a  consentire  l'operativita'  del  meccanismo   sanzionatorio,   non
collegata razionalmente con il nuovo sistema sanzionatorio  delineato
dalla riforma, nonche' priva  dei  presupposti  della  necessita'  ed
urgenza costituzionalmente prescritti  e  quindi  e'  priva  di  ogni
ragionevole giustificazione alla luce dei sopra  ricordati  parametri
costituzionali - ha l'unico effetto  di  determinare  il  venir  meno
della  punibilita'  della  trasgressione  all'obbligo  suddetto   con
riferimento all'art. 7, comma 1 del d.lgs. n. 322/1989 vecchio  testo
- disposizione che  sarebbe  stata  pienamente  vigente  sino  al  31
dicembre 2007 nel  contesto  della  riforma  di  cui  alla  legge  n.
244/2007 - e cio' non solo per i fatti e le omissioni successivi alla
riforma (dal 1° gennaio 2008) e sino al 31 dicembre  2008,  ma  anche
per il periodo di tempo antecedente  alla  entrata  in  vigore  della
riforma stessa, e cioe' per i fatti sino al 31 dicembre 2007,  atteso
che essa cio' espressamente ed inequivocabilmente prevede. 
    Conseguentemente, e per le ragioni  rilevate  sopra  al  punto  2
della presente ordinanza, essa ha l'effetto di determinare  il  venir
meno dell'illiceita' del mancato accertamento della trasgressione  da
parte dei  soggetti  ad  esso  tenuti,  e  dunque  dei  comportamenti
contestati ai convenuti nel giudizio di responsabilita' a quo. 
    Atteso che la  norma  e'  stata  emanata  il  31  dicembre  2007,
successivamente alla emissione del'invito a dedurre che ha contestato
la  responsabilita'  ai  convenuti  nel   giudizio   instaurato   con
successivo atto di  citazione,  non  pare  infondata  la  tesi  della
Procura che  la  disposizione  censurata  sia  strumentale  al  reale
intento perseguito dal  legislatore  di  esercitare  una  preordinata
interferenza   sulle   funzioni   della    magistratura    contabile,
sottraendole una fattispecie di responsabilita'  amministrativa  gia'
sub judice, nella parte in cui  dispone  la  propria  efficacia  «con
riguardo alle rilevazioni statistiche svolte anche anteriormente alla
data di entrata in vigore del presente decreto». 
    7. - Questo giudice e'  ben  consapevole  della  natura  e  delle
funzioni dell'invito a dedurre, istituto di garanzia del  convenibile
tipico del processo di responsabilita' amministrativa che si  colloca
in  una  fase  precedente  alla  vera  e  propria  instaurazione  del
giudizio. 
    Tuttavia non puo' dubitare del fatto che, indipendentemente dalla
qualificazione della fase cui attiene l'invito a dedurre, laddove  un
potere-dovere sia costituzionalmente garantito - come ai sensi  degli
artt. 101, 103 e 108 Cost. l'ambito della giurisdizione contabile nel
quale e' compreso  l'esclusivo  diritto  di  azione  del  Procuratore
contabile  -  esso  non  possa,  non  ricevere  eguale  garanzia  con
riferimento a quella fase, comunque procedimentale  come  attualmente
deriva dall'art. 17, comma 30-ter del d.l.  n.  78/2009  conv.  nella
legge n. 102/2009, che e' necessariamente prodromica allo svolgimento
del giudizio. 
    Si tratta allora di verificare se l'intervento del legislatore di
cui all'art. 44 qui censurato,  che  ha  introdotto  una  sostanziale
«sanatoria»  delle  ipotesi  di  responsabilita'  individuate   dalla
Procura contabile in base alla legislazione vigente  al  momento  dei
fatti contestati e al momento dell'invito  a  dedurre  notificato  ai
convenibili, possa o meno  configurare  la  lamentata  lesione  delle
prerogative della magistratura contabile. 
    La giurisprudenza costituzionale, soffermandosi sull'istituto qui
in esame, ha rilevato che «l'invito a dedurre attiene ad una fase che
precede   l'accertamento   delle    responsabilita',    suscettibile,
alternativamente, di  mettere  capo  all'instaurazione  del  giudizio
ovvero all'archiviazione, ma tale da non  inficiare  la  tradizionale
regola  secondo   la   quale,   nel   giudizio   di   responsabilita'
amministrativa, il giudice e' investito della causa  solo  attraverso
l'atto di  citazione  (sentenza  n.  415  del  1995,  ed  in  termini
analoghi, tra le altre, significativamente  C.C.  n.  163/1997  e  n.
513/2002). 
    Da detta impostazione non si discosta la giurisprudenza contabile
che  ha  individuato  la   funzione   dell'atto   di   cui   trattasi
essenzialmente nella «preliminare contestazione di fatti specifici ad
un soggetto  gia'  indagato,  che  viene  cosi'  messo  in  grado  di
rappresentare tempestivamente le sue ragioni  all'organo  inquirente,
consentendo, al tempo stesso, al Procuratore regionale lo sviluppo di
piu'  adeguate  indagini...  Si  tratta  di   un   atto   che   muove
all'acquisizione  di  ulteriori  elementi,  se  del  caso  anche   di
carattere esimente, in vista delle conclusive determinazioni che  non
necessariamente dovranno essere nel senso dell'inizio dell'azione  di
responsabilita'», rilevandone «l'assenza  di  ogni  univocita'  circa
l'ulteriore   seguito   dell'iniziativa   assunta   dal   Procuratore
regionale». 
    Osserva  pero'  questo  giudice  che  il  fatto   che   la   fase
preprocessuale dell'invito a dedurre non presenti il carattere  della
univocita' tipicamente connesso alla fase giudiziale non  puo'  porre
nell'ambito dell'irrilevante giuridico l'altro fatto, pure  evidente,
che l'attivita' svolta  dalla  Procura  in  quella  sede  costituisca
espressione di un potere-dovere che si articola nella fase giudiziale
come diritto alla azione e nella fase preprocessuale come  diritto  a
svolgere una compiuta istruttoria quale ineliminabile presupposto per
la eventuale incardinazione dell'azione. 
    In conclusione, dal momento che il potere-dovere  di  azione  del
Procuratore comprende  il  potere  di  accertare  preventivamente  la
sussistenza  dei   presupposti   per   l'esercizio   dell'azione   di
responsabilita' amministrativa ritiene questo giudice che  non  possa
ritenersi manifestamente infondata la questione se  il  principio  di
non incidenza del legislatore sul concreto  esercizio  dell'attivita'
giudiziaria, come tale garantita dai ricordati artt. 101, 103  e  108
Cost., non debba concernere anche la fase di necessario  accertamento
della sussistenza degli elementi sufficienti ad  integrare  l'ipotesi
di  responsabilita'  amministrativa,  fase  della  quale  l'emissione
dell'invito a dedurre costituisce, in ogni caso, atto conclusivo.